A story centered on seeds, soil, foods from different cultures, and what they represent. It explores how our relationship with taste has changed, and how we’re learning to grow food in unexpected places – like city balconies. It also reflects on the contrasts between today and the past. The episode you're about to listen to is in Italian.
Oltrenatura, a podcast produced by FACTA.eu for Festivaletteratura
With the voices of Stefano Mancuso, Salvatore Ceccarelli, Franca Roiatti, Pasquale Polito, Danielle Nierenberg and Hans Herren.
Podcast transcript
V1: E continuare il lavoro di questi anni grazie alla libertà creativa che incita nel suo DNA e le innovazioni che tempi diversi richiederanno il futuro ormai prossimo.
Dal 1997, per cinque giorni all'anno, Mantova diventa la capitale internazionale della letteratura. Una letteratura vista in un'accezione ampia e curiosa, intrecciata alla storia, la società, l'arte, la scienza, la tecnologia, l'ambiente.
Ed è di questo che qui vogliamo parlare, l'ambiente, così come è stato raccontato negli anni al Festivaletteratura di Mantova.
V2: Ed è diverso il rapporto che quelle persone hanno con la terra, perché la terra dà cose diverse.
V3: Penso che una delle cose cruciali da parlare è l'economia locale.
V4: E sta correndo il tempo.
V5: Io l'ho percepito oggi nella consistenza acquea della luce di fine estate, con l'impressione di muovermi dentro qualcosa di solenne, di sentire … quella musica delle pianure.
Io sono Giulia Bonelli, e questo è Oltrenatura, un podcast prodotto da FACTA.eu in cui riannodiamo le voci delle autrici e degli autori che hanno attraversato il festival letteratura di Mantova nel corso degli anni. Per ragionare insieme su come viviamo l'ambiente, su come lo abitiamo, lo plasmiamo, lo raccontiamo, lo percorriamo, lo coltiviamo, lo pensiamo, lo distruggiamo, lo bombardiamo, lo inquiniamo, lo conserviamo.
Oggi partiamo dall'ambiente intorno a noi, quello da cui proviene, facendo spesso moltissimi giri, il cibo delle nostre tavole. L'ambiente che coltiviamo.
Come racconta il botanico Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale dell'Università di Firenze e autore del libro Verde Brillante, tutto comincia dalle piante.
Le piante costituiscono circa il 99% della biomassa del pianeta. Così Mancuso, insieme al giornalista Marco Cattaneo, ci spiega come senza le piante non solo non potremmo mangiare, ma non potremmo neanche vivere.
Stefano Mancuso: Il fatto è che le piante possono tranquillamente vivere senza di noi, noi non possiamo vivere senza le piante. Qualunque cosa che mangiamo proviene dalle piante, tutto quello che respiriamo proviene dalle piante. L'energia che utilizziamo normalmente, petrolio, nafta, carbone, proviene dalle piante. Di fatto le piante fissano l'energia del sole e la rendono disponibile all'uomo e agli altri animali. Senza non ci sarebbe vita.
Il fatto che io ritengo veramente paradossale è che, qui stiamo parlando di una forma di vita, quella vegetale che rappresenta, ci sono delle stime variabili. Però la media si va dal 99,6 al 99,9% della biomassa. Prendendo tutto quello che è vivo sul pianeta il 99,6, il 99,9% sono piante. Allora è possibile che noi continuiamo a ignorare sinceramente come funzionano? Quella che, diciamo, dovremmo dire come funziona la vita sulla terra, perché la vita sulla terra è quella, il resto, la nostra, sono tracce.
Marco Cattaneo: Insomma tu sei dell'idea che se il proverbiale extraterrestre dovesse descrivere la vita sulla terra parlerebbe delle piante, non di noi.
Stefano Mancuso: Di sicuro, un alieno che arrivasse in orbita intorno alla terra e che dovesse descriverla nella tabellina metterebbe pianeta, forma di vita le piante, per gli animali metterebbe tracce.
Marco Cattaneo: Perfetto, animali, tracce.
Ma le piante e gli ecosistemi naturali in generale stanno perdendo la biodiversità, e questo riguarda anche l'agricoltura, e quindi tutto ciò che mangiamo.
Se la famosa dieta mediterranea prescrive un'alimentazione il più varia possibile, oggi di fatto ci troviamo a mangiare prodotti dominati dall'uniformità. Dopo la seconda guerra mondiale, la cosiddetta rivoluzione verde ha introdotto l'uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi per promuovere un'agricoltura intensiva volta a sfamare milioni di persone. Ma questo ha avuto un impatto devastante sulla biodiversità, come racconta il genetista Salvatore Ceccarelli.
Salvatore Ceccarelli: Il cambiamento climatico, come voi probabilmente sapete, contribuisce in modo sostanziale all'agricoltura, per cui i consumatori non possono chiamarsi fuori da un ruolo nel mitigare o aggravare il cambiamento climatico. Semplicemente facendo la spesa in un modo o nell'altro si premia un tipo di agricoltura che inquina o un tipo di agricoltura che è molto più virtuosa nei confronti del pianeta.
Voglio fermarmi qui citando soltanto un'analogia con il mondo finanziario. Nel 1952, mi sembra, un certo Markowitz ha pubblicato un lavoro dal titolo “La teoria del portafoglio” dove utilizzando delle formule matematiche dimostra per quanto riguarda il mondo finanziario che il modo migliore per attenuare il rischio dei nostri investimenti finanziari è di avere un portafoglio quanto mai diversificato.
Ecco, con le nostre culture noi facciamo esattamente il contrario. Non so se voi siete coscienti del fatto che quando osservate un campo di grano, un campo di mais o un campo di riso è come se osservaste una miriade di gemelli identici. Quelle piante sono tutte geneticamente identiche le une alle altre. Per cui immaginate un nuovo virus, un nuovo insetto, una nuova malattia che arriva in quel campo ovviamente ha terreno molto facile per espandersi.
Quindi la mancanza di biodiversità è indice di una enorme vulnerabilità.
Ceccarelli studia da anni il ruolo strategico della biodiversità nell'ingrediente alla base dell'intera filiera alimentare, i semi. E per promuovere la diversità dei semi ha sviluppato in giro per il mondo moltissimi progetti di collaborazione diretta con i contadini, portando avanti il cosiddetto miglioramento genetico partecipativo ed evolutivo.
Salvatore Ceccarelli: È una scienza molto vecchia, negli Stati Uniti hanno cominciato a interessarsi della diversità sotto forma di miscugli e popolazioni nel 1929. C'è stata tantissima ricerca che non ha mai avuto molta applicazione in pratica, secondo noi, perché i prodotti, perché i miscugli e le popolazioni di fatto sfuggono al controllo delle grandi corporazioni sementiere, perché hanno questa straordinaria capacità di evolversi. Cioè quando lei semina un miscuglio di una popolazione e utilizza parte del seme che raccoglie per seminare l'anno successivo, crea un gruppo di individui che cambiano continuamente il seme che lei raccoglie, non è esattamente, dal punto di vista genetico, quello che è stato seminato. Cioè questa popolazione si evolve adattandosi gradualmente ma perfettamente al terreno, al clima e al modo di fare agricoltura.
Una popolazione evolutiva diventa un'arma incredibile perché non ha bisogno di sapere oggi che cosa ci sarà fra 10 anni, l'importante è che mantenga abbastanza diversità e che continui gradualmente ad evolversi.
Sono stati i primi, alcuni agricoltori iraniani a scoprirlo, il pane e la pasta che vengono dalle popolazioni evolutive, il frumento tenero e il frumento duro rispettivamente, fanno anche molto bene la salute, sono molto più digeribili e quindi la biodiversità è anche importante per la nostra salute.
La biodiversità agricola è quindi fondamentale per produrre un cibo più sano ma anche più equo e più sostenibile per il pianeta. Di questo sempre più si stanno accorgendo molte piccole realtà locali, grazie a quella che viene chiamata agricoltura dal basso.
Molti consumatori ormai scelgono di fare la spesa attraverso gruppi di acquisto, privilegiando i mercati contadini o rivolgendosi direttamente ai produttori. Ecco che queste nuove filiere alimentari più sostenibili stanno aprendo la strada a quella che Franca Roiatti, giornalista e autrice, chiama la Rivoluzione della lattuga, come il titolo di uno dei suoi libri.
Franca Roiatti: Questo scintilla parte non più dal produttore ma dal consumatore. Cioè la distanza che si era creata anche tra il contadino, il cittadino, che c'è una narrativa su questo, la nostra storia recente è fatta di quello, per cui chi era cittadino non era contadino, erano due cose altre in qualche modo. E a un certo punto i cittadini si sono resi conto di aver dimenticato una parte importante delle loro radici, proprio perdendo questo rapporto con il cibo ma anche con la terra, che fondamentalmente riguarda tutti, anche se viviamo al settimo piano di un palazzo.
Non è una cosa da cui ci siamo distanziati così tanto tempo fa come possiamo dire dalle caverne per cui non ci ricordiamo più, è un passato ancora abbastanza recente che pur avendoci allontanato però fa parte ancora di noi in qualche modo.
E i consumatori che cominciano a farsi le domande, anche semplicemente cominciando a coltivare nel proprio balcone come ho tentato di fare io. Prima ridevo perché raccontavo delle mie fatiche sprecate con la zucchina che non sono riuscite a coltivare in un vaso, poi mi hanno detto è difficilissimo ma va bene, me ne farò una ragione. Però se uno comincia da lì, comincia a capire la fatica che ci vuole, il tempo che ci vuole e comincia a coltivare le sue domande, comincia anche a rapportarsi in maniera diversa con chi lo nutre.
Michael Pollan dice “stringi la mano di chi ti nutre” ed è questo che sta cambiando, cioè chi era lontano si sta riavvicinando e sta capendo e sta ridando importanza a questo rapporto. Allora questo forse è, si spera, capace di cambiare, che poi è l'esperienza che voglio dire è molto forte in Italia, ed è importantissima quella dei gruppi di acquisto solidali. Cosa stanno facendo i gruppi di acquisto solidali? Le reti che sono nati poi di economia solidale in tutto questo, ci sono esperienze meravigliose di gente che sta riportando il grano in brianza dove ci sono solo centri commerciali e asfalto, pur di riavere il pane che sai da dove arriva, dal chicco fino al fornaio che te lo fa. E perché proprio è partito da lì, da persone che hanno cominciato a chiedersi le cose, hanno cercato produttori e a volte li hanno anche, come dire, invogliati a cambiare percorso, a trovare dei percorsi più rispettosi dell'ambiente, delle cose che abbiamo trovato prima.
A volte li hanno salvati, abbiamo esempi di gruppi d'acquisto che hanno salvato il caseificio Tomasoni, che è vicino, è un'esperienza che è stata salvata da consumatori, che si sono resi conto che con quella si sarebbe perso un pezzo importante non solo dell'economia ma della cultura di un luogo, di un modo di fare le cose. Quindi ì è più, come dire, qualcosa che parte da chi consuma, che diventa coproduttore, come dicono i gasisti, ma diventa soprattutto motore di una cosa che parte da chi consuma, quindi a chi di fatto ha in mano il potere economico, perché alla fine poi se non c'è chi compra, c'è chi produce e chi vende. E questa cosa qua secondo me è la parte fondamentale di questa rivoluzione.
Pasquale Polito, tra i fondatori dell'impresa bolognese Forno Brisa, è uno dei moltissimi protagonisti di questa rivoluzione agricola dal basso. Forno Brisa è un progetto a filiera corta e controllata dedicato alla panificazione e alla produzione di cibo etico, che utilizza grani locali coltivati secondo la filosofia del miscuglio evolutivo.
Pasquale Polito: Intanto noi facciamo da mangiare e significa che possiamo occuparci direttamente di far mangiare biodiversità. Noi ci occupiamo anche di trasformare in maniera biodiversa, in un duplice senso. Intanto abbiamo portato molte innovazioni nel campo della panificazione e se vogliamo trasformare il discorso della popolazione evolutiva e dei miscugli in un apparato filosofico, in una struttura trasversale, non basta parlare solo di coltivazione e solo di microbiota, ma proprio dobbiamo allargare questo pensiero anche alle persone e anche ai microorganismi che per esempio vivono nella pasta madre.
Noi ci occupiamo di coltivare miscugli, non varietà, non cultivar, quindi abbiamo abbandonato l'ossessione della purezza che rappresenta gli ultimi 100 anni dell'agricoltura nel mondo. Coltivare diversi semi in uno stesso campo di grano significa far sopravvivere a seconda del luogo, e quindi valorizzando il luogo, crescono tutti gli anni comunque in ogni caso diverse varietà senza dover uccidere quello che c'è nel terreno. Che significa? Che la diversità microbiologica che c'è nel terreno verrà trasferita al mulino attraverso il frumento e arriverà in panificio attraverso la farina e vivrà nella pasta madre e arriverà nel nostro intestino attraverso questo percorso di cui noi ci dobbiamo occupare.
Quindi devo dire che sì, io sono un trasformatore ma non mi occupo solo di miscugli evolutivi, ho cercato di rubare la ricetta nel suo archetipo. Il progetto del Forno Brisa ha preso una strada e si sta evolvendo proprio per gli innesti di persone diverse.
Ma è davvero possibile immaginare un futuro così? Un futuro in cui approcci alimentari come quello proposto dal Forno Brisa tornino a dominare la produzione di cibo a livello globale?
La risposta è sì, secondo Danielle Nierenberg, attivista, autrice e giornalista statunitense fondatrice di Food Tank, organizzazione no profit che propone un nuovo modello di sviluppo volto a diminuire fame e povertà, riducendo al tempo stesso gli sprechi e conservando la biodiversità.
Danielle Nierenberg (translated): L'agricoltura può essere la soluzione ad alcune delle sfide sociali e ambientali più urgenti del nostro tempo. Siamo a un punto di svolta. Entro 2050 saremo in 9 miliardi, quindi la domanda è: come faremo a nutrire 9 miliardi di persone quando già facciamo fatica a nutrire i 7 miliardi che abbiamo oggi?
Penso che la risposta non vada cercata nelle ricette magiche, ma in un approccio davvero innovativo verso la sostenibilità sia economica che ambientale.
Nel periodo dal 2009 al 2011 ho visitato una trentina di paesi dell'Africa subsahariana e dell'Asia, parlando con agricoltori, gruppi ambientalisti, scienziati, ricercatori e giornalisti, tutti impegnati nell'alleviare fame e povertà e a proteggere l'ambiente. Ho trovato che ci sono 4 punti su cui è fondamentale investire a livello internazionale. Si tratta di 4 tipi di innovazione. L'innovazione per prevenire gli sprechi di cibo; l'innovazione per aumentare la resilienza contro i cambiamenti climatici; l'innovazione per avvicinare i giovani all'agricoltura; e l'innovazione per promuovere la cosiddetta agricoltura urbana.
Per poter rispondere alle sfide globali di oggi e di domani, l'ambiente che coltiviamo deve dunque puntare su diverse forme di innovazione sostenibile. E questo va fatto a livello collettivo, come dice l'agronomo ed entomologo svizzero Hans Herren, vincitore nel 1995 del World Food Prize, che è una città di cibo. Considerato da molti l'equivalente del Nobel in agricoltura.
Hans Herren: La sostenibilità è il concetto secondo cui bisogna lasciare la situazione un po' migliore rispetto a come l'abbiamo trovata. E quindi la domanda chiave è: il nostro sistema alimentare è sostenibile? Probabilmente sapete che noi estraiamo, consumiamo, sprechiamo, trasformiamo le risorse del suolo e questo sta creando una situazione sempre più difficile. Quindi in breve non credo che a livello globale il sistema attualmente in vigore sia sostenibile, anche se disponiamo delle conoscenze per poterlo rendere tale.
Ma c'è la volontà di farlo? E soprattutto, chi dovrebbe cominciare? Tutti! Perché molto spesso c'è un atteggiamento che ci porta a guardare i nostri vicini pensando, beh, se fai qualcosa tu, allora lo faccio anch'io.
Oltre Natura è un podcast del Festivaletteratura di Mantova. Le voci che ascoltate sono state selezionate dall'archivio pluriennale del festival, consultabile al sito archivio.festivalletteratura.it. La produzione è di FACTA.eu, per un progetto ideato e realizzato da Elisabetta Tola e Giulia Bonelli.
Credits
You have listened to Oltrenatura, a podcast produced for Festivaletteratura by FACTA.eu.
The concept, interviews and writing are by Giulia Bonelli and Elisabetta Tola.
Oltrenatura, available on festivaletteratura.it and wherever you listen to your podcasts (Spreaker and Spotify).